martedì 2 agosto 2011

I risvolti psicologici nella Procrazione Medicalmente Assistita

La procreazione medicalmente assistita è il procedimento attraverso cui si trattano gli ovociti umani, spermatozoi ed embrioni per ottenere una gravidanza. Queste tecniche consistono nella inseminazione omologa, nella fecondazione in vitro ed il trasferimento dell’embrione, dei gameti, degli zigoti, la crioconservazione dei gameti e degli embrioni.
Molte coppie ricorrono a questi interventi quando non riescono a concepire figli naturalmente, nonostante siano fisicamente sani.
Si parla di infertilità primaria se, dopo un anno (o più) di tentativi di concepimento, non c’è stato alcun esito positivo.
L’infertilità secondaria insorge invece, se dopo una gravidanza coronata da successo, i due partner non riescono più ad avere figli. Queste definizioni prendono spunto da una ricerca di Whitelaw che nel 1960, realizzò uno studio su di un campione omogeneo negli Stati Uniti: il 56% delle coppie sane concepiva entro il I mese di rapporti sessuali; il 78% entro il VI mese e ben l’86% concepiva entro il XII.
Secondo la Bydlowsky (2003) i fattori che ostacolano la gravidanza, sono da attribuire ad un’organizzazione inconscia difensiva contro tale eventualità.
Questa esperienza di perdita, di vuoto, di “trauma” legata all’incapacità di ottenere una gravidanza, viene spesso ottemperata dalla ricerca di un tentativo “assistito” di ottenerla. Ed in esso, si riversano tutte le speranze della coppia.
Alcune volte, capita che il progetto di fecondazione non vada a buon fine ed i partners abbiano nuovamente degli esiti fallimentari, soprattutto se tale percorso viene realizzato in particolare condizione psicologica di stress (anche nel periodo che precede la PMA).
Ne può quindi, derivare nuovamente un lutto a cui segue un periodo di umore depresso sia per entrambi i coniugi che per la coppia stessa.
La donna, principale protagonista di questo percorso rivive ad ogni ricomparsa della mestruazione questo ulteriore fallimento.
E’ importate infatti, che la coppia venga seguita da professionisti psicologi e psicoterapeuti, prima, durante e dopo tale percorso per “alleggerire” i soggetti dalla forte tensione che accompagna il percorso della PMA ed anche per elaborare eventualmente, in maniera sana, il lutto derivante dal possibile insuccesso della terapia medica, intervenendo direttamente sulla causalità dell’evento.
Spesso, non ci sono effettivamente, delle cause organiche che determinano tali difficoltà ed incapacità ma soltando una manifestazione psicosomatica  di stress emotivo e psicologico che si riversa specificatamente nella area della procreazione.
Le nuove linee guida della legge 40/2004 prevedono inoltre, che  ”ogni centro per la PMA debba assicurare la presenza di un adeguato sostegno psicologico alla coppia, predisponendo la possibilità di una consulenza da parte di uno psicologo adeguatamente formato nel settore” 
www.rivistadipsicologiaclinica.it/italiano/numero1_10/Ameruoso.htm





SESSO DOPO PARTO

#Sesso dopo il parto: le cose da sapere

Quanto tempo sia necessario per sentirsi nuovamente in una condizione psicofisica ottimale tale da poter riprendere i rapporti sessuali dopo il parto è una percezione puramente soggettiva. Molte donne non hanno nessun genere di difficoltà, soprattutto se l’esperienza non ha comportato alcun trauma, mentre in altri casi i limiti imposti dalla contiguità dell’intervento chirurgico, dallo sforzo e dallo stress del parto o dal rischio di restare di nuovamente incinte, portano le neomamme a protrarne la ripresa.

Cosa c’è da sapere a tal proposito?

Rapporti sessuali dopo 15 giorni dal parto
Ci si chiede se sia possibile riprendere i rapporti sessuali dopo 15 giorni dal parto anche per via della sollecitazione del compagno che fino a quel momento ha atteso la nascita del piccolo: ebbene, molto dipende dalla condizione psicofisica della neomamma. L’esperienza della gravidanza prima, e del parto dopo, può aver lasciato delle ferite difficili da rimarginare non solo sul piano fisico ma anche psicologico: un’aspettativa delusa su ciò che si era immaginato e quello che invece è avvenuto può portare la donna e il suo partner a richiedere un po’ di tempo per elaborare il vissuto in maniera adeguata e per sentirsi pronti a riattivarsi sul piano sessuale.
Un cesareo d’urgenza o un parto doloroso e lo sforzo vissuto con intensità emotiva, tale da aver condizionato fortemente la psiche della donna, incide abbastanza sul desiderio sessuale.
Quest’ultimo nasce da una condizione psicologica di benessere, rilassatezza e voglia di ristabilire intimità nella coppia sacrificata dall’arrivo di un nuovo componente in famiglia e dalla necessità di far fronte a nuovi equilibri. Il neonato assorbe, infatti, molto tempo e parecchie energie, occupa spazio mentale e fisico e modifica le abitudini della coppia, che magari nell’arco della gravidanza ha anche rinunciato a fare sesso.

Ci sono però comunque delle indicazioni da seguire:
gran parte dei ginecologi consigliano di <<riprendere i rapporti sessuali dopo la prima visita ginecologica a circa 30/40 giorni dal parto.
Durante questi giorni infatti la donna è soggetta a perdite ematiche, le lochiazioni, che tendono a diminuire sempre di più nell’arco di questo tempo fino a scomparire.
Ad alcune coppie può dar fastidio fare sesso quando ci sono perdite di sangue, per esempio anche durante il periodo delle mestruazioni, mentre per altre questo problema non sussiste. È pertanto decisamente soggettivo>>.
Un’altra componente è legata alla <<muscolatura degli organi genitali tra cui vagina e utero che hanno necessità di riprendere tono dopo il trauma del parto>>.
Le ostetriche suggeriscono gli esercizi di Kegel che mirano a riattivare i muscoli del pavimento pelvico dopo la gravidanza.
Detto questo, c’è chi già dopo 15 giorni potrebbe essere pronta a riprendere i rapporti sessuali perché magari senza problemi alla seconda gravidanza o perché le perdite si sono ridotte o perché il parto è avvenuto naturalmente senza lacerazioni. Se quindi non ci sono controindicazioni mediche specifiche, ben venga. È esclusivamente una condizione personale!


Rapporti sessuali dopo parto rischio gravidanza
Attenzione però, perché dopo il parto è facile restare nuovamente incinta!
Se questo desiderio nasce in concomitanza ad stato d’animo di benessere e rilassatezza, che porta alla ricerca del proprio compagno poiché si sente il bisogno di stabilire un contatto fisico come scambio di affettività e intimità, bisogna considerare il rischio di una nuova gravidanza per cui è necessario prendere delle precauzioni dato che, se il ciclo mestruale non è ancora ricomparso e non si conosce il momento dell’ovulazione, è facile che ciò accada.

Rapporti dolorosi dopo il parto
La difficoltà ad avere rapporti, nonostante un forte desiderio, spesso è prevalentemente fisiologica tanto che potrebbero essere dolorosi e poco piacevoli. Sia in caso di parto naturale, a cui è seguita una lacerazione, e quindi punti di sutura, e sia in caso di parto cesareo le ferite hanno bisogno di rimarginarsi e per questo sarebbe preferibile aspettare il tempo necessario. Nel caso siano presenti episiotomia, mancanza di sensibilità per via dello stiramento dei muscoli vaginali e scarsa lubrificazione per via del calo estrogenico, il rapporto sessuale potrebbe risultare davvero doloroso e non dare per nulla piacere. Si calcola che siano necessari circa 18 mesi affinché la muscolatura degli organi genitali possa ritornare alla condizione iniziale, ma non per riprendere i rapporti sessuali.

Rimanere incinta
 dopo il parto
Nel riprendere l’attività sessuale dopo il parto può succedere di rimanere nuovamente incinta e pertanto doversi preparare ad una nuova gravidanza.
Piacevole o no che sia, la coppia non si è ancora abituata alla nuova situazione che già ha necessità di riorganizzarsi. Ma, a prescindere dalla questione prettamente pratica, vi sono anche delle componenti psicologiche che ne determinano l’accaduto. Capita spesso che ad una gravidanza ne segua subito un’altra e la letteratura psicoanalitica offre diversi spunti di interpretazione a tal proposito.
In effetti, la gestazione vissuta dalla donna nell’arco dei nove mesi la lega fisicamente e psicologicamente al suo feto in una condizione simbiotica nella quale uno dipende dall’altra. Il feto sopravvive grazie al nutrimento da lei fornito e quest’ultima protegge nel suo grembo un bimbo che poi nascerà.
La condizione di gravida, molto ben tollerata da alcune donne, non termina col parto ma va ben oltre. La difficoltà inconscia a separarsi da questo stato simbiotico, vissuto con il proprio bambino fino a quel momento, potrebbe protrarsi e sfociare in una nuovo periodo di gestazione. La simbiosi madre-bambino è una esperienza unica nella quale i confini non sono ben delineati poiché si è in due in un unico corpo. La separazione potrebbe richiedere un certo tempo se non si è effettivamente elaborato interiormente tale distacco. Il bambino appena nato viene posto immediatamente tra le braccia della mamma come segno di rassicurazione, “appartenenza” e “attaccamento” proprio perché il distacco dalla situazione fusionale precedente potrebbe essere traumatico.
Inoltre, molte donne vivono in tale periodo una condizione di “privilegio” fatta di attenzioni, coccole e centralità da parte del compagno ma anche della famiglia di origine e del loro entourage  a cui poi è difficile rinunciare.
Oltre al processo di separazione, la gestazione è per molte la rappresentazione di una maternità innata propensa alla procreazione, alla cura e all’accoglimento in grembo di nuove forme di vita come continuità di sé e dell’altro per cui una condizione assolutamente naturale e voluta.

Petting post
 parto
Avere dei rapporti sessuali è quindi un modo per risanare la propria intimità di coppia e per soddisfare un desiderio più profondo non solo legato ad un bisogno fisico.
Quando il desiderio c’è ma le condizioni fisiche non lo permettono potrebbe essere d’aiuto per la coppia riavvicinarsi gradualmente attraverso lo scambio di coccole, effusioni inesigenti, fare petting in modo tale da non interferire né forzare i tempi della neomamma ad entrare nuovamente in contatto con la propria sessualità.


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